vai al contenuto principale

Speranza e integrazione, dal Darfur all’Italia tirando calci a un pallone

“Abbiamo sempre giocato a calcio. Anche quando si sentivano in lontananza i colpi di arma da fuoco, anche quando non c’era abbastanza cibo per sfamare tutti, noi scendevamo in strada e fingevamo di essere Eto’o, Ronaldo, Messi, Drogba.
Correre dietro a un pallone sgonfio può essere la sensazione più bella della vita”.

Adam e Ismail sono migliori amici da sempre e sono rimasti sempre l’uno accanto all’altro.
C’era Ismail accanto ad Adam quando in pochi mesi si ammalano e perdono la vita i suoi due fratellini più piccoli e la sorella minore: quando si soffre di denutrizione e non si hanno soldi per le cure mediche, la polmonite ti consuma e uccide.

Erano assieme anche quando le due famiglie scappano dalla siccità e dai conflitti armati del Darfur per riparare nella grande città di Omdurman.

Il Darfur è una delle aree più povere al mondo, dove alle ricorrenti carestie del “Corno d’Africa” si unisce il dramma di una guerra civile perenne: la componente etnico-religiosa e quella ambientale si alimentano a vicenda, in una spirale di disperazione che ormai riguarda tutta l’area del Sahel*

“Da bambini avevamo sempre fame. Sempre. A volte giocavamo per non sentirne i morsi”

Dopo le scuole elementari Adam e Ismail iniziano a lavorare in una frutteria per contribuire al sostentamento delle famiglie.

“Lavoravamo tanto, ma appena finita la giornata c’era la strada e il calcio. Eravamo bravi”

Ma ogni volta che riuscivano ad entrare in una squadra non avevano le stesse possibilità dei coetanei: non potevano permettersi di allenarsi tutti i giorni, di acquistare gli scarpini o di pagare le trasferte.

“In #Sudan diventi qualcuno se sei già qualcuno”

Durante il lavoro in città, subivano continue rapine e vessazioni da gruppi e milizie armati: “le occasioni peggiori erano quelle in cui cercavano di reclutarci per una guerra dall’altra parte del Mar Rosso, quella nello Yemen, che non conoscevamo né capivamo.
Abbiamo visto tanti nostri amici arrendersi alle pressioni ed entrare in un gruppo terroristico. La vita dalle nostre parti conta meno di nulla.”

Ismail lascia il Sudan nel 2019 e lavora un anno in Ciad per raccogliere il denaro necessario per pagare il viaggio. Adam parte nel 2020.
Restano sempre in contatto e si ritrovano in Libia: arrestati e portati in un centro di detenzione a #Zawiya, dopo 9 mesi di reclusione e soprusi riescono a fuggire dal paese.
Una barchetta di legno carica di 97 persone è salpata da Tripoli il 26 marzo del 2021 con i due ragazzi a bordo. Sarà la OpenArms a portarli in salvo.

Oggi Adam e Ismail sono nel Progetto BaoHaus di Baobab Experience, stanno imparando l’italiano e si allenano tutti i giorni a Acrobax

C’è gia una squadra di Serie D che vuole tesserarli, ma c’è soprattutto lo stato di grazia della libertà.

Un grazie agli amici di Liberi Nantes m.

———-
*Le tensioni del #Darfur possono considerarsi una delle prime guerre climatiche.
Il riscaldamento globale e le conseguenti desertificazione galoppante e riduzione drastica delle precipitazioni hanno innescato le controversie armate per contesa dei territori fertili e per l’accesso all’acqua: inizialmente tra tribù nomadi “arabe” e agricoltori africani e poi tra gruppi ribelli organizzati.

I lasciti del passato coloniale e l’appoggio occidentale al sanguinario governo sudanese – alle sue politiche predatorie e all’impiego dei miliziani #Janjaweed – sono l’altra mano armata del nord del mondo.
Tutto per accaparrarsi il petrolio e bloccare i flussi migratori.

Torna su