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Sudan, firmata anche la dichiarazione costituzionale: democrazia più vicina

Democrazia sempre più vicina in Sudan dopo mesi di proteste e di morti, oltre 100, a seguito della destituzione ad aprile del presidente Omar al-Bashir, al potere da 30 anni. Dopo diverse settimane di negoziati, la giunta militare e la principale coalizione di opposizione che rappresenta le forze della società civile, hanno trovato l’accordo su una dichiarazione costituzionale che aprirà la strada a un nuovo governo di transizione verso una democrazia compiuta. Il tanto atteso accordo sulla Costituzione ha innescato celebrazioni in tutto il SUDAN, da mesi piombato in una profonda crisi costellata da violenze. Migliaia di persone si sono riversate sulle strade della capitale Khartoum per festeggiare l’intesa raggiunta nella notte con canti e cori e sventolando la bandiera SUDANese. “Le due delegazioni si sono dette pienamente d’accordo sulla dichiarazione costituzionale”, ha confermato all’agenzia di stato Suna il mediatore dell’Unione Africana, Mohamed Hassan Lebatt, senza però fornire ulteriori dettagli. L’accordo prevede un periodo di transizione di tre anni guidato da un consiglio formato da 5 militari e 6 civili che sostituirà la giunta militare attualmente al potere e dovrà riportare la pace tra i vari gruppi armati presenti nel Paese. La firma dell’intesa è attesa per domenica, riferiscono i leader dell’opposizione, a cui poi seguirà l’ufficializzazione davanti ai dignitari stranieri. I negoziati tra i generali e il movimento di protesta sono stati ripetutamente interrotti dopo le violenze subite dai manifestanti che da mesi chiedevano il passaggio dei poteri alla società civile. Si erano bloccati una prima volta, il 3 giugno scorso, quando le forze di sicurezza avevano sgomberato, uccidendo 127 persone – anche se le autorità ammettono 61 morti – il sit-in che da giorni esercitava una forte pressione sulle trattative, davanti al quartier generale delle forze armate nella capitale, Khartoum, secondo quanto riferito dall’associazione dei medici vicino al movimento di protesta. Mentre da dicembre a oggi i morti a causa della repressione, sempre secondo l’associazione, sono stati 250. I colloqui si sono poi interrotti una seconda volta, a inizio di questa settimana, quando i paramilitari hanno sparato sui manifestanti a El Obeid, uccidendo 5 di loro, tra cui 4 liceali. L’accordo di stanotte segna un passo decisivo verso la transizione.

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