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Sudan, attacco a Geneina, almeno 70 vittime. In Darfur torna il terrore dei janjaweed

Oltre 70 morti, centinaia di feriti, ospedali e scuole attaccati indiscriminatamente, il tutto mentre a Khartoum restano a guardare. L’attacco a el Geneina ad opera delle Rapid support force è responsabilità di chi oggi è al governo in Sudan quanto di chi in passato ha armato gli ex janjaweed. Il massacro del popolo darfuriano continua subdolo, silenzioso, mente l’Unamid – la missione delle Nazioni Unite nella la regione sud occidentale del Sudan – si dimostra ancora una volta incapace di garantire sicurezza come da mandato delle Nazioni Unite.

Oltre alla ripresa delle violenze va evidenziato come la situazione umanitaria resti grave. I nuovi dati della crisi nella regione occidentale sudanese testimonia come il disegno di Khartoum non sia cambiato: emarginare, costringere alla fuga, annientare le etnie africane che popolano questa strategica area del Paese, grande quattro volte l’Italia. Dallo scorso settembre sono riprese le scorribande di miliziani filoarabi, molti dei quali già colpevoli delle violenze perpetrate dal 2003 ad oggi in Darfur, che in soli tre mesi hanno costretto alla fuga migliaia di persone, distrutto decine e decine di villaggi tra Jebel Marra e Kor Abeche e causato un numero non quantificabile di vittime. Molte delle zone colpite non sono raggiungibili dai peacekeepers della missione Onu – Unione africana dispiegata nella regione a protezione dei civili e non è dunque possibile accertare le perdite reali. Ma sarebbero centinaia. Unamid ha rilevato che le Forze di Rapido Intervento – gli ex janjaweed – reclutate dal precedente  governo su ordine del presidente Omar al Bashir, sul quale pende un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, hanno mantenuto lo stesso feroce modo di operare dei  cosiddetti “diavoli a cavallo, i janjaweed.

Gli assalti sanguinosi ai villaggi e ai campi profughi in Darfur sono chiaramente riconducibili alle attività paramilitari contro villaggi Masalit, Fur e Zaghawa, tribù nere.

Un’azione estremamente cruenta: le milizie si lanciano in massa su proprietà e civili, causando innumerevoli vittime. I combattimenti dal Jebel Marra, roccaforte dei ribelli, si sono ben presto estesi ad altre zone dello stato occidentale della regione. 
Non molto diversa la situazione nel sud. Gli sfollati del campo di Kalma e degli altri centri che accolgono coloro che sono fuggiti delle aree colpite dai nuovi attacchi, temono di essere il prossimo obiettivo delle FRI. Nelle ultime settimane si sono assembrati mezzi e uomini armati nei pressi di Um Kurdus e Marla, circondando praticamente tutto il distretto. Si sta dunque concretizzando il timore del movimento di ribellione guidato da Wahid al Nur, leader del Sudan Liberation Movement. la volontà di voler annientare ogni forma di opposizione al governo centralizzato di Khartoum con un’azione armata nonostante oggi all guida del paese ci sia un esecutivo democratico. O almeno questo è ciò che appare all’apparenza 

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