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Ricordo di Eugenio Melandri, una vita per l’Africa, la Pace e gli ultimi

Se ne è andato un amico, un fratello, un maestro  Eugenio Melandri si è spento dove una lunga malattia combattuto con coraggio, fede e tanta interiore speranza. Piango e non mi vengono le parole. Prima di tutto voglio dire grazie a Eugenio per il bene di averlo incontrato nella Roma dei nostri anni da studente universitario e da persone che intendevano dare un contributo all’Italia nostra terra di elezione ma senza perdere le radici africani. Eugenio era uno di quei preti coraggiosi che a Roma ( insieme a lui Don Di Liegro, Don Franco Monterubbianesi) e laici con Dino Frisullo, Franco Pittau, Lidia Pittau e altri ancora hanno abbracciato la nostra lotta per i diritti e per una lucida intercultura per un’Italia della convivenza e delle opportunità.Tante le campagne; le marce: i sit-in; le conferenze; le battaglie politiche dentro e fuori dalle istituzioni. Prima di essere un prete era una persona, anzi un sacerdote della vita tra i più diseredati, quelli senza diritti a Roma, in Italia e nel mondo. Uomo affabile ma dal carattere coriace e determinato era per tutti noi un punto di riferimento. La sua casa nel cuore di Piazza Vittorio era la nostra, il quartiere generale delle nostre battaglie tra bicchieri di vino, sigarette, tanti libri e soprattutto tante persone di tutte le condizioni sociali, di tutte le etnie. Era sacerdote anche se sospeso nell’anima e sono contento che, prima di morire, abbia potuto incontrare Papa Francesco e tornare a celebrare messa da sacerdote che non aveva mai smesso di essere. Eugenio non era un uomo comodo. Era di convinzioni forti, era di parte non nel senso biecamente partitico. Era dalla parte degli oppressi, dei deboli, dei senza diritti, delle vittime della terribile guerra in Congo, dalla parte dei bambini sfruttati nelle miniere del coltan, dalla parte delle donne stuprate nella guerre chiamate etniche solo per occidentale ipocrisia. Eugenio soffriva molto per la malattia ma anche e soprattutto per l’Italia di oggi: impaurita, chiusa dove il “cattivismo” è diventato cultura di governo contro gli immigrati e contro il meglio della tradizione di accoglienza del bel paese.
L’ultima volta che ci siamo visti e abbracciati era nella tua terra e abbiamo parlato a lungo delle cose nostre. Eri pieno di speranza anche se indebolito dalla malattia. È in nome di quella speranza che proseguiremo la lotta per i nostri ideali e tu, da lassù, guardaci e aiutaci come hai fatto sempre. Perde un amico, un maestro ma guadagno un santo in paradiso. Addio e che la terra africana che hai tanto amato ti sia accanto in questo nuovo cammino.

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