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Regeni, 4 anni senza giustizia. Famiglia: Se Italia con noi ritiri ambasciatore

Sono passati quattro anni dal sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni: quattro anni senza giustizia per il ricercatore friulano, indagini ferme, e i suoi genitori, Paola e Claudio, che chiedono all’Egitto, ma anche all’Italia, un vero cambio di passo nella ricerca della verità. “Stare con noi – fanno sapere tramite il loro avvocato Alessandra Ballerini – equivale all’assunzione di impegno e responsabilità vincolanti e comporta la condivisione delle nostre indiscutibili priorità e delle nostre richieste irrinunciabili, prima tra tutte il richiamo dell’ambasciatore italiano in Egitto”.

Il Comune di Fiumicello, in provincia di Udine, si prepara a tornare in piazza, con una fiaccolata silenziosa in ricordo del ragazzo, e mentre la famiglia di Giulio chiede una presa di posizione alle istituzioni, gli inquirenti italiani il cambio di passo lo pretendono dai colleghi cairoti.La settimana scorsa si è tenuta nella capitale egiziana l’ennesima riunione sul caso, la numero undici, con gli investigatori di Sco e Ros chiamati ad aggiornare i colleghi dopo il cambio al vertice della procura generale d’Egitto.Gli italiani hanno presentato alla nuova squadra investigativa gli elementi a carico dei cinque agenti egiziani iscritti nel registro degli indagati a Piazzale Clodio e rinnovato le richieste contenute nella rogatoria dello scorso aprile. Ora Roma attende un segnale da Il Cairo senza il quale, è il messaggio non detto, la collaborazione tra i due uffici giudiziari non ha più senso.Giulio Regeni venne rapito la sera del 25 gennaio 2016: il suo corpo martoriato fu trovato nove giorni dopo, lungo la strada che collega Alessandria a Il Cairo.Nelle prime settimane dopo il ritrovamento del corpo, tante false piste si susseguirono e, a distanza di quattro anni dall’omicidio, chi indaga in Italia è convinto che il giovane sia stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia alla National Security, i servizi segreti egiziani, dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era entrato in contatto per i suoi studi.Abdallah chiedeva a Giulio di poter usare a fini personali, in modo illegale, una borsa di studio che il giovane, grazie a una fondazione britannica, voleva far arrivare al sindacato. La richiesta di Abdallah e la risposta di Giulio vennero immortalate in un video, girato dal sindacalista nel dicembre del 2015 con una telecamera nascosta, probabilmente su richiesta della polizia.Secondo chi indaga, potrebbe esser stato proprio il rifiuto di dare illegalmente quei soldi a segnare il destino di Giulio: forse, quando Abdallah capì che non avrebbe ricevuto per sé almeno una parte delle diecimila sterline in ballo, decise di denunciarlo per accreditarsi con la National security come un informatore adeguato, e segnò la tragica fine del ragazzo.Nel dicembre del 2018, cinque agenti egiziani sono stati iscritti, a Roma, nel registro degli indagati: si tratta di ufficiali appartenenti al dipartimento di Sicurezza nazionale (servizi segreti civili) e all’Ufficio di investigazione giudiziaria del Cairo (polizia investigativa) che devono rispondere di sequestro di persona in concorso.

Oggi è il giorno del ricordo oltre che della perpetua richiesta di verità che non si placherà fino al pieno ottenimento della giustizia finora negata a Giulio, ai suoi genitori, all’intero Paese. Perché Giulio siamo noi.

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