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Il silenzio non aiuta più Silvia Romano

Su Silvia Romano, dal suo rapimento il 20 novembre del 2018, si sono rincorse notizie che spesso non avevano alcun fondamento. 
Per rispetto nei confronti del dolore della famiglia, e per non interferire nelle indagini, abbiamo deciso di mantenere il silenzio stampa chiesto dalla Farnesina.  
Ma oggi, a fronte di informazioni verificate, è arrivato il momento di dare un contributo affinché il tentativo di oblio  delle autorità locali su ciò che sia  realmente avvenuto non vada a buon fine.  
E veniamo ai fatti.
Lo scorso febbraio abbiamo condiviso con l’Unita di crisi del ministero degli Esteri alcune notizie pervenute da fonti keniane sul rapimento della giovane cooperante, che ci era stato chiesto di non divulgare.
Così è stato fino a oggi. Ma nell’anniversario del suo rapimento e dopo la diffusione di notizie frammentate che non sembra siano  supportate da prove concrete, è giusto rivelare  un aspetto della vicenda che nessuno finora ha posto in evidenza: il coinvolgimento  nel rapimento di Silvia di esponenti della polizia locale corrotti.
Da giornalista che è tenuta ad adempiere al “dovere di verità”, caposaldo del diritto di cronaca, è giusto divulgare notizie che finora nessuno ha smentito.
Il 17 febbraio del 2019, attraverso una fonte di lunga data a Nairobi, sono  entrata in contatto con l’agenzia di sicurezza e di sorveglianza “Global intelligence surveillance and tactical” che oltre a occuparsi di cybersecurity e operazioni tattiche di intelligence globale effettua operazioni con droni UAV per conto di governi e società internazionali private.
Nell’ambito di un’operazione tra Kenya e Somalia su un traffico illegale di avorio dello scorso gennaio, l’agenzia avrebbe localizzato Silvia Romano in un’area al confine tra i due paesi. La giovane sarebbe stata identificata grazie alla tecnologia software avanzata di riconoscimento facciale 
Alla richiesta specifica se l’informazione fosse stata condivisa con i governi interessati al caso ci è stato risposto che si trattava di “notizie classificate”. 
Attraverso indagini tramite canali italiani che si occupano di cybersecurity abbiamo avuto conferma sull’efficacia delle attività svolte dalla società, ovvero una surveillance su larga scala con 627 sistemi satellitari dedicati,  oltre 7 milioni di UAV e droni Reaper.
Proprio una delle ‘sentinelle’ delle reti satellitari ‘invisibili’ della Global intelligence surveillance and tactical, che catturano ogni genere di dati, inclusi audio e video collegati a sistemi crittografici che registrano  le conversazioni effettuate tramite piattaforme cellulari, rete internet, satellitare e Wi-Fi, avrebbe rintracciato nello spazio aereo dell’Africa centrale e orientale la posizione della cooperante.
Il filmato in possesso della Global intelligence surveillance and tactical dove compare la Romano è stato elaborato e analizzato attraverso la tecnologia del software di riconoscimento facciale, sia per l’identificazione di Silvia che degli agenti di polizia coinvolti nel rapimento della cooperante.
Durante le indagini svolte dalla società di sorveglianza e di intelligence sarebbe emersa la relazione tra il commercio dell’avorio e gli stessi poliziotti, come ha specificato nell’ultima comunicazione il loro rappresentante.
Fin qui i fatti.
Null’altro che notizie confermate da più fonti mentre sul destino reale di Silvia, ad oggi, non abbiamo alcuna certezza.
Era giusto condividere queste informazioni con la speranza che chi abbia la capacità di indagare più a fondo, e di acquisire maggiori dettagli in merito, lo faccia.
Senza più ritrosie, omissioni, silenzi.
Lo si deve a Silvia, alla sua famiglia e a tutti coloro che continuano a chiedere verità e giustizia per una giovane che rappresenta il meglio della ‘bella gioventù’ del nostro Paese.

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