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Guinea, al voto tra pochi mesi in un clima di forte repressione dei diritti

Almeno 70 manifestanti uccisi e centinaia feriti, 109 morti in carcere, giornalisti e difensori dei diritti umani presi di mira da gennaio 2015 a ottobre 2019. 
 
Sono i numeri agghiaccianti di un rapporto sulla Guinea, pubblicato il 13 novembre da Amnesty International.
 
C’è il rischio che, nei mesi che precederanno le elezioni del 2020, la situazione possa ulteriormente peggiorare soprattutto se il presidente uscente Alpha Condé riuscirà a modificare la costituzione per potersi candidare a un terzo mandato.
 
Da quando ci sta provando, sono stati uccisi nove manifestanti e numerosi leader ed esponenti dei movimenti per la democrazia sono finiti in prigione: come cinque dirigenti del Fronte nazionale per la difesa della Costituzione, arrestati il 12 ottobre e condannati a cinque anni di carcere.
 
Dietro le sbarre è un inferno. La prigione centrale della capitale Conakry ha una capienza massima di 500 detenuti ma ce n’è il triplo. Nelle stazioni di polizia si tortura e le donne vengono stuprate.
 
L’impunità è la regola. Le indagini sulla strage di 150 manifestanti e lo stupro di almeno 100 donne nello stadio di Conakry, risalenti a 10 anni fa, vanno avanti con lentezza. Dal 2010 c’è stata una sola condanna, e si è atteso nove anni, nei confronti di un capitano di polizia che aveva sparato contro un passante, uccidendolo, durante una manifestazione. 
 
Nel mirino del governo guineano ci sono anche i giornalisti indipendenti. Aboubacar Algassimou Diallo e Souleymane Diallo, conduttore e amministratore di radio Lynx Fm, sono stati interrogati dalla polizia dopo aver trasmesso l’intervista a una donna che accusava il ministro della Difesa di essersi intascato fondi destinati ai peacekeeper delle Nazioni Unite.
 
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