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ESCLUSIVA / Sudan, leader opposizione: Ue interrompa ogni relazione con Bashir

A distanza di tre mesi dall’inizio delle proteste anti governative in Sudan con decine di vittime e migliaia di arresti, il presidente Omar Hassan al Bashir ha proclamato lo stato di emergenza, sciogliendo il governo e avocando a sé ogni potere.
Una decisione grave, che inasprisce ulteriormente le rivolte. Una risposta indispettita alla richiesta di dimissioni, a fronte dell’amnistia e di una transizione pacifica, avanzata dalla coalizione “Sudan call” che comprende le Forze di consenso nazionali, 22 partiti dell’opposizione finora divisi, e le associazioni professionali.

Yasir Arman, già leader del Sudan people liberation movement, oggi segretario per gli Affari esteri della nuova coalizione, rivolge un appello all’Unione Europea e agli Stati Uniti: si condanni fermamente le azioni di Bashir e si interrompa ogni relazione.

Ve l’aspettavate questa mossa del presidente?

L’ex generale Bashir, ricercato dalla Corte Penale Internazionale, ha risposto nell’unico modo che conosce alle richieste del popolo sudanese di democrazia, pace, libertà e riforme economiche. Ha dichiarato lo stato di emergenza in tutto il Sudan per un anno e sciolto il suo governo, concentrando più potere nelle sue mani e arrestando più di 2.000 persone, esponenti della società civile e dell’opposizione. La stessa sera in cui annunciava la decisione nel suo discorso al Paese, i servizi di sicurezza prelevavano dalle loro case alcuni leader del movimento delle proteste e il redattore capo dell’unico giornale di opposizione”.

Cosa accadrà ora?

“Bashir sta preparando il terreno per una maggiore repressione contro la rivolta popolare, che continuerà. Sarà un bagno di sangue. Pertanto, invitiamo i paesi democratici dell’Unione europea e del Regno Unito a interrompere il dialogo con questo presidente che sta compiendo crimini, piuttosto che realizzare riforme politiche ed economiche, e non vuole un cambio di potere pacifico. In secondo luogo, facciamo appello agli Stati Uniti affinché riveda la decisione di rimuovere il Sudan dalla black list del terrorismo e favorire la fine di una dittatura di tre decenni e ascoltare le richieste della popolazione, in particolare giovani e donne, per la trasformazione democratica del Paese”.

Perché l’Ue e gli Usa dovrebbero avere interesse a intervenire?

“Perché non avrebbe senso continuare a sostenere un regime canaglia che reprime con la violenza il dissenso e che sta negando aiuto a 6 milioni di sfollati e profughi sudanesi rendendoli potenziali migranti verso l’Europa e gli Stati Uniti. Bashir non è diverso dall’ex presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe, che tra l’altro non era ricercato dalla Corte penale internazionale, sanzionato da Ue e Usa con l’interruzione di ogni forma di dialogo. Perché con Bashir dovrebbe essere diverso?

Qual è la posizione dell’esercito?
“Bashir non ha paura di Dio né della giustizia, mentre ha paura dell’esercito. Per questo sta cercando di aizzarlo contro il popolo e cerca di prendere tempo con lo stato di emergenza. L’ esercito sa che è un fantasma del passato, sta con il popolo e con i martiri di queste proteste. E prima o poi si rivolterà contro questo regime. Più gente scenderà in piazza prima questo momento arriverà”.

In cosa è diversa, rispetto alle precedenti, questa ondata di rivolte?
Innanzitutto le proteste questa volta sono partite dal popolo, non da una azione politica. Sono coinvolte tutte le associazioni professionali, dai medici agli insegnanti, dagli ingegneri ai giornalisti. Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione che ha visto il coinvolgimento della diaspora sudanese in tutto il mondo, al di là delle dicotomie di etnia, religione e appartenenza geografica. Queste proteste hanno aperto la strada a un nuovo dialogo nazionale. È un’opportunità per un corretto processo democratico nel Paese. Ma tutto ciò passa per la cacciata di Bashir”.

Prima o poi Bashir si arrenderà?

“Bashir è sempre più isolato. Arroccarsi e continuare a reprimere con la forza ogni forma di dissenso non fermerà la rivolta. L’annuncio dello stato di emergenza è l’inizio della sua sconfitta, la sconfitta del suo sistema di potere. È l’inizio di una nuova stagione che costerà altre vite ma vedrà le ragioni del popolo, la libertà, la democrazia, prevalere. Ma l’occidente non deve voltarsi dall’altra parte”.

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