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Decreto Sicurezza bis: un muro tra l’Europa e l’Africa che favorisce suprematisti

Mentre i suprematisti bianchi degli USA si dedicano al terrorismo contro i diversi (che poi sono i non bianchi nella loro mente malata), il Senato italiano vara in seconda lettura, nella versione approvata dalla Camera dunque senza modifiche, il decreto sicurezza bis che mira sostanzialmente ad erigere un muro che dovrebbe essere invalicabile, secondo Salvini, tra l’Africa e l’Italia. “Fermiamo l’invasione” era lo slogan più volte fortunato della Lega e della Destra in generale. Con questo decreto un passo in più è stato compiuto nell’edificazuone della fortezza italia. Noi qui da soli, magari anziani, impauriti, incapaci di pronunciare la parola futuro, ma “padroni a casa nostra” e soprattutto puri, senza contaminazioni lottando ferocemente contro la “sostituzione etnica” ad opera dalle orde nere proveniente dall’Africa. Noi qui, loro li a casa loro. Sviluppo separato (in Afrikaans del Sudafrica si traduce con apartheid”). L’istituzionizzazione del razzismo e dello sviluppo separato, la costruzione sociale del nemico, la battaglia contro la “negrizzazione” della società italiana vengono dal lontano. In fondo Salvini non ha fatto che portare alle ultime conseguenze un processo politico elettorale che viene da lontano: viene dalla Bossi-Fini, dai successivo decreti sicurezza di Maroni (con l’equazione mai dimostrata tra immigrazione e criminalità) che arrivarono a chiedere ai medico di denunciare i clandestini che si presentavano ai loro studi medici.! L’onda salviniana ha radici lontane che non l’abbiamo saputo, voluto contrastare in modo costante e con efficacia di risultati. Anzi ci è capitato di scimmiottare le parole d’ordine della Destra assumendo goffamente il paradigma della sicurezza continuando a perdere comunque voti. Abbiamo dato per scontato che l’integrazione era naturale Senza infrastrutturare nelle politiche dei Comuni da noi governati dei processi a lunga scadenza fatti da mediazione sociale, interculturale e cultura dei diritti e dei doveri. Abbiamo dato per scontato che “italiani brava gente” mentre l’antropologia umana insegna che nessun popolo, nessun territorio ne comunità è immune dal germe del razzismo e dell’intolleranza. L’imprenditoria della paura ha potuto lavorare a reti unificate praticamente senza contraltare. Dove era la cultura; dove gli artisti e i registi; dove guardavano i giornalisti democratici ? Nessuna narrazione alternativa degna di essere raccontata al bar al’ora del caffè. L’insignificanza del mondo della cultura ha lasciato radicarsi il vero e proprio mutamento antropologico del demos italiano avvenuto in pochi anni, aggravato dall’eclisse della memoria sul passato migratorio italiano. Da stasera il mediterraneo, dopo milenni, è simbolicamente un mare chiuso, un lago impaurito e respingente, una fortezza con un solco profondo che lo separa dalla sponda sud del mediterraneo. Questo 5 agosto ce lo ricorderemo per continuare a credere in un’Europa culla del diritto e degli umanesimi; l’Europa che è diventata plurale con le sue storie coloniali e con le migrazioni degli ultimi decenni. Dobbiamo ricordare a tempo e a contro tempo che l’Europa è già africana e l’Africa ha dentro l’Europa. Dobbiamo ricordare che nessuno può vivere della sola preservazione di se in tempi di interconnessioni. La lotta continua ma dobbiamo imparare dai nostri errori fatali, il primo dei quali l’aver dimenticato i valori democratici e l’etica della reciprocità che fonda la relazione sociale nello spazio democratico. Ma per fare tutto ciò non ci bastano i nostri tweet di indignazione fine a se stessa. Dobbiamo tornare a studiare la storia che ci darà gli strumenti per decodificare la storia complessa dei rapporti tra Europa e Africa, con lo scopo di ri-codificare nuovi universi di significati e moduli operativi dell’alterità riconosciuta e valorizzata. Dobbiamo abolire le frontiere – del sapere, della pelle, della diversità di religione, della condizione sociale – che respingono per abitare il confine dinamico, soggetto ad attraversamenti multipli. Scriviamo insieme un decreto dell’umanità condivisa, con diritti e doveri uguali per tutti. E che io non debba preparare i miei figli a cercare altrove il proprio futuro perché quel futuro sarà nella penisola dove sono nati e cresciuti.

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