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Algeria, al via tra le proteste il mandato per Tebboune, presidente neo eletto del dopo Boutefika

“Pronto a tendere la mano all’Hirak per un dialogo che favorisca la pacificazione necessaria per il Paese”. Le prime parole pronunciate dal neoeletto presidente dell’Algeria Abdelmadjid Tebboune danno la misura dei timori che il mancato accordo con il Movimento che ha boicottato le elezioni nel Paese nordafricano possa influire sul suo mandato. Le piazze stracolme di algerini che hanno animato un’imponente manifestazione contro le elezioni presidenziali svoltesi sono una spada di Damocle per l’ex premier vicino all’establishment che il popolo contesta da mesi. La marea umana da giorni contesta la consultazione che, secondo i manifestanti, conferma al potere esponenti del sistema corrotto, opaco e inefficiente formatosi sotto il presidente Abdelaziz Bouteflika, dimessosi lo  scorso aprile dopo essere stato per oltre 20 anni al potere. Ex premier, già ministro delle Comunicazioni nel primo governo del deposto presidente, Tebboune è stato anche premier, il vincitore delle elezioni presidenziali in Algeria, 74 anni, si era candidato come indipendente.

È stato eletto con il 58,15 per cento delle preferenze.
Dei cinque candidati, Tebboune è particolarmente vicino al capo di Stato Maggiore e vice ministro della Difesa  Ahmed Gaid Salah, l’uomo forte dell’Algeria.
Tebboune ha ricoperto l’incarico di premier più breve della storia dell’Algeria: due mesi e 21 giorni. 
A rimuoverlo dall’incarico era stato il fratello dell’allora presidente, Said Bouteflika, mentre Tebboune seguiva quasi quotidianamente la costruzione della controversa Grande Moschea di Algeri, affidata a una società cinese.
Approfittando della fiducia del presidente e secondo alcuni analisti incoraggiato da Gaid Salah, l’allora premier aveva deciso di limitare
drasticamente le importazioni, oltre 40 miliardi di dollari l’anno,per far fronte al calo delle entrate di petrolio e gas che stava
mettendo a dura prova le risorse del paese. Aveva dichiarato di voler attaccare i nuovi oligarchi e limitare il peso di questi uomini
all’interno del regime, dichiarando che intendeva “separare il denaro dalla politica”. 
Laureato alla National School of Administration nel 1969, più volte wali (prefetto) e ministro, Tebboune incarna in
qualche modo la vecchia burocrazia statale il cui peso si è indebolito di fronte all’ascesa del capitalismo algerino. Suo grande ‘nemico’ Ali
Haddad, presidente dell’Algerian Business Leaders Forum (Fce) e vicino a Said Bouteflika. Numerosi gli screzi tra i due, come quando nel dicembre del 2016 i ministri hanno deciso di boicottare un “forum di investimento algerino-africano” preparato dal governo, ma gestito da Haddad. Il 5 luglio del 2017 lo ‘scontro diretto’, con Tebboune remier che dice a Haddad di non partecipare a una cerimonia al ministero del Lavoro. Pochi giorni dopo, invia alla sua azienda edile numero uno nel settore privato alcuni avvisi formali in merito ai ritardi nell’esecuzione di una serie di progetti.
Il 30 luglio seguente la risposta di Said Bouteflika, che umilia pubblicamente Tebboune al cimitero di El Alia in occasione della sepoltura dell’ex capo del governo Redha Malek. Furono trasmesse immagini eloquenti di Bouteflika, con Ali Haddad al suo fianco, che ignorava il premier. La scena trasmessa nei notiziari serali fecero capire agli algerini il messaggio: il “reggente” rinnegava Tebboune e
il 15 agosto 2017 il premier è stato licenziato e sostituito da Ahmed Ouyahia. Tebboune si è quindi guadagnato una piccola popolarità come cacciatore di oligarchi, ma dopo la sua rimozione ha ribadito lealtà a Bouteflika, assicurandogli il suo sostegno per un quinto mandato. Ma lo stesso Tebboune non è del tutto ‘pulito’. Suo figlio Khaled si trova in detenzione preventiva perché sospettato di riciclaggio di denaro nel caso Kamel Chikhi, noto come El Bouchi. Il nome di quest’ultimo è associato a un sequestro record di cocaina, ben
701 chili, gestito dai servizi dell’esercito nel porto di Oran nel maggio 2018. Il caso ha provocato una serie di arresti all’interno
dell’alta gerarchia del esercito. Più di recente, nel bel mezzo della campagna elettorale, uno dei parenti di Tebboune, l’uomo d’affari Omar
Alilat, è stato arrestato con l’accusa di corruzione.
Spiegando la sua scelta di candidarsi, ha detto di ”poter partecipare al recupero della nazione. Con cinquant’anni di esperienza in diverse
posizioni, penso di avere gli argomenti e i mezzi necessari per risolvere i problemi fondamentali e porre rimedio alla crisi morale,
economica, politica, culturale e generazionale” 
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